Fino al 4 settembre la mostra di Banksy presso Palazzo Cipolla
Chi sia realmente Banksy ancora non si sa. Alcuni credono che non esista o che come si pensa di Omero sia più di una persona, forse si chiama Robert Gunningham, forse è nato nel 1974, molto probabilmente è di Bristol, ma sicuramente è lo street artist più importante, controverso e discusso dei nostri tempi. La Fondazione Terzo Pilastro – Italia e Mediterraneo ha raccolto circa 150 opere ed ha ideato e realizzato la più grande esposizione mai vista sull’artista a Palazzo Cipolla dal 24 maggio al 4 settembre. Nessuna delle opere esposte è stata direttamente fornita da Banksy, che è notoriamente contrario a mostre come questa. Nessuna delle opere esposte è stata presa dai muri su cui Banksy è solito dipingere, arrivano tutte da collezionisti privati. Per ogni pezzo comprato ne sono stati scartati altri nove. Non perché fossero falsi, solo non avevano abbastanza documenti in grado di tracciarne il pagamento. Dal 2007 è Banksy stesso ad autenticare le sue opere attraverso il metodo chiamato Pest Control. La mostra è unica nel suo genere e tratta quelli che sembrano essere i temi principali dei suoi lavori: guerra, capitalismo e libertà. L’artista parte dalla scena metropolitana londinese dove la sua carriera da writer non decolla a causa della sua scarsa bravura. Inizia perciò ad utilizzare una vasta gamma di supporti: dalla pittura su tela, alle serigrafie e sculture, alle grandi installazioni, creando delle scenografie animate in cui ha coinvolto, occasionalmente, anche animali viventi, catturando così dalla fine degli anni ’90 ad oggi, l’attenzione del pubblico internazionale e dando voce alle masse e a chi, altrimenti, non sarebbe ascoltato da nessuno. Il lavoro di Banksy si espande a livello internazionale: lungo la striscia di Gaza, sul versante palestinese, ha dipinto nove immagini. Nell’estate 2009 al Bristol Museum & Art Gallery si è tenuta una mostra che ha attratto oltre 300.000 visitatori. L’artista ha inoltre realizzato un film documentario:“Exit Through The Gift Shop”, ottenendo una nomination agli Oscar. Ad oggi, nessuna galleria rappresenta in maniera esclusiva Banksy. Il writer nel 2015 lascia tutti di stucco dando alla luce Dismaland, un grande parco a tema da lui rinominato “Bemusement Park” e definito “parco a tema non adatto ai bambini”. In questa struttura anti-Disneyland, i visitatori venivano accolti da uno staff depresso e poco collaborativo. All’interno del parco una mostra, curata dallo stesso Banksy, ha riunito artisti di grande rilievo, tra cui Damien Hirst e Axel Void. Nello scorso dicembre Dismaland si è trasferito a Calais per ospitare i rifugiati. In questa occasione ha prodotto una serie di murales, tra cui “The Son of a Migrant from Syria”, che raffigura cinicamente Steve Jobs. Nella rassegna romana oltre ai suoi ratti, alle scimmie che mettono in guardia i potenti su un futuro rovesciamento del potere dai parte del popolo, agli elefanti che trasportano bombe, alle forze dell’ordine “smilizzate” e alle opere in cui attacca il mercato artistico, si può trovare il suo autoritratto: gli occhi di Banksy dietro un paio di occhiali gialli.
Articolo di Amir Bousrira