“La grande guerra di Achille, autobiografia di un analfabeta”, l’ultima pubblicazione di Claudio Leoni, fa incetta di applausi, ieri la presentazione ad Anzio presso i Musei di Villa Adele e domani alla libreria Mondadori di Grosseto.
Claudio Leoni, vive a Velletri ed insegna a Lariano, ormai conosciuto ovunque, perché spesso anima siti archeologici e musei, scrive e pubblica qualche testo teatrale, riceve premi letterari, legge qualcosa a qualcuno, ma ogni giorno tocca la terra. Da questa faticosa carezza riceve insalate, uva da vino, olive, mele rosate e quando il contatto diventa più profondo, ossa e storie che laggiù aspettano qualcuno che le riporti, rispettosamente, in superficie.
“La grande guerra di Achille”, è il un libro all’insegna del ricordo, si parla della dei cento anni dalla Guerra del 15-18, che stanno lentamente trascorrendo e quindi di una guerra, come tutte le guerre, crudele e dolorosa e chi pagò il prezzo più alto fu, come al solito, la povera gente. Pastori, contadini, pescatori e braccianti che sapevano sì e no scrivere il loro nome su un foglio, parlare malamente la lingua italiana, abituati a lavorare duro dalla mattina alla sera per sfamare le proprie famiglie e pagare le tasse che tutti i governi imponevano, furono mandati al macello senza riguardi e senza grazia.
Improvvisamente, persone che non avevano mai lasciato il loro paese si ritrovarono in una regione sconosciuta a fronteggiare un esercito agguerrito e ben organizzato. Molti di questi uomini morirono, molti diventarono eroi loro malgrado, moltissimi diventarono disertori e Achille, il personaggio che ritroviamo nel libro, “La grande guerra di Achille” di Claudio Leoni è proprio il racconto autobiografico di uno di questi.
“Achille ha trentaquattro anni, quattro figli, due vacche nella stalla, una vigna da curare e una moglie che ogni notte lo rende immortale come un antico dio della terra. Non può lasciare tutto questo per andare in guerra”
E invece in guerra Achille ci andrà e la narrazione lo segue passo passo, creando, come dice Daniele Serapiglia nella prefazione, “un affresco che colpisce per la sua forza visiva” e ci riporta alla vita vera di un uomo. Achille è nato e vissuto a Velletri, ma la sua grande guerra è stata esattamente uguale a quella di migliaia di poveri uomini che lottarono non per i confini sconosciuti di una patria percepita vagamente, ma più concretamente per riportare a casa la pelle. La vita era fatica, sudore. Era fatta di terra, vigne ed ulivi. Per amore di questo antico mondo Achille tornerà a casa e diventerà un disertore poiché l’esperienza della guerra è stata dura, ma anche effimera nel suo dolore dopo il ritorno a casa.
A cura di Lorella Iaci
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