La Caldara di Manziana… a cura di Alessio Rinaldini

i tesori naturalistici nascosti del Lazio

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Caldara di Manziana © Alessio Rinaldini

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La Caldara di Manziana. Percorsi naturalistici

Il Lazio è una regione ricca di biodiversità e di tesori naturalistici nascosti. Uno fra i luoghi più interessati, e che ancora conserva un aspetto preistorico e “fuori dal tempo”, è certamente la Caldara di Manziana, visitabile liberamente nel corso di una escursione di mezza giornata. L’area è divenuta un monumento naturale nel 1988 ed è situata a pochi km a nord di Roma lungo la strada provinciale SP2, che collega gli abitati di Sasso di Furbara e Manziana.

La Caldara di Manziana costituisce un geosito, ossia un luogo di rilevanza scientifica dal punto di vista geologico-naturalistico. E’ una antica bocca eruttiva di un vulcano, una caldera, dalla forma concava e quasi circolare che si è originata durante le fasi finali dell’attività vulcanica sabatina (500.000 anni fa), quando le lave nella camera magmatica sono venute in contatto con acque profonde, vaporizzandole istantaneamente e dando origine ad una enorme esplosione. Le vestigia di questo antico vulcanismo sono tutt’oggi evidenti dalla presenza in superficie di polle (emissioni di acque gorgoglianti a basse temperature), la cui principale è situata al centro della depressione. Altre numerose emissioni gassose di minore entità sono visibili all’interno della caldera, distribuite lungo tratti rettilinei o subcircolarti. Tra i gas endogeni che risalgono in superficie, vi sono anche specie gassose velenose come l’anidride carbonica, il monossido di carbonio e l’anidride solforosa, che talvolta causano l’asfissia di piccoli mammiferi, come istrici e roditori.

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Caldara di Manziana © Alessio Rinaldini

All’interno della Caldara è presente un ambiente argilloso e brullo, dovuto all’alterazione dei minerali vulcanici causata dalle acque piovane e dai gas. Vi sono acquitrini sparsi qua e là dove attecchiscono i “Capellini”, una graminacea sottilissima e molto rara che conferisce all’ambiente un impatto ancora più magico. Ai margini della conca inoltre, la flora continua a stupirci con specie arboree la cui presenza ancora costituisce un mistero dal punto di vista scientifico. Infatti, ai margini della caldera è presente un piccolo bosco di Betulle (Betula pendula). La betulla è una specie arborea tipica degli ambienti freddi della tundra sub-artica, e in Italia è presente solo lungo l’arco alpino e prealpino. A Manziana i locali la chiamano “albanella” e non si comprende come questo bosco, probabilmente un “relitto” delle ere glaciali sia riuscito a sopravvivere a queste latitudini e ad un’altezza di soli 300 metri sul livello del mare. Alcuni ritengono che il micro-habitat presente, dovuto alle caratteristiche acide delle argille e dei terreni vulcanici dell’area, sia ideale per la loro crescita e sopravvivenza.

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Caldara di Manziana © Alessandro Lisci

Per quanto riguarda la fauna, in questo territorio risiedono numerose specie di mammiferi come il cinghiale, l’istrice, il riccio, il tasso, la volpe e la donnola. Sono inoltre presenti uccelli come l’airone cenerino, il picchio verde, la cinciallegra, il cuculo, la civetta, il barbagianni e il gufo .

L’aspetto brullo e quasi infernale ha reso fin dall’antichità la Caldara un luogo importante in cui le popolazioni locali svolgevano riti religiosi o attività terapeutiche per gli effetti curativi delle acque e dei fanghi. Sembra infatti che le legioni romane si fermassero in questo luogo per purificarsi con i fanghi prima di fare rientro nella capitale, dopo le lunghe campagne militari. E prima ancora gli Etruschi ritenevano che in questi luoghi abitasse Mania, il dio degli inferi, da cui appunto deriva il toponimo Manziana.

© Alessio Rinaldini, laureato in Geologia

redazione ed editing fotografico a cura di Alessandro Lisci

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Caldara di Manziana © Alessandro Lisci
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Caldara di Manziana © Alessio Rinaldini
La Caldara di Manziana… a cura di Alessio Rinaldini ultima modifica: 2021-05-31T09:09:22+02:00 da Alessandro Lisci