Maxxi: Aldo Rossi. L’architetto e le città… recensione e foto di Fabiana Cambiaso

Un poeta prestato all’architettura

Aldo Rossi. L’Architetto e le città.

Dopo la monografica dedicata a Gio Ponti, il MAXXI di Roma ha inaugurato il 10 marzo e fino al 17 ottobre 2021, un’altra grande mostra che celebra un maestro italiano dell’architettura, il primo a essersi aggiudicato, nel 1990, il prestigioso Pritzker Architecture Prize (dopo di lui solo Renzo Piano, nel 1998). Poliedrico, inimitabile, geniale, visionario. Amante dei libri, dei viaggi, del cinema, del teatro. Animato da una profonda cultura e da una sensibilità poetica straordinaria. Grande innovatore e convinto sostenitore della responsabilità etica e culturale dell’architettura nei confronti del mondo. Il Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo presenta così Aldo Rossi. L’architetto e le città, il cui ricco ed eterogeneo archivio costituisce il nucleo fondante della Collezione del MAXXI Architettura, curata da Alberto Ferlenga, dal 2015 Rettore dell’Università IUAV di Venezia, con il coordinamento di Carla Zhara Buda della Fondazione Aldo Rossi.
Un poeta prestato all’architettura” lo ha definito Ada Lousie Huxtable, membro della giuria del Pritzker Prize 1990. Aldo Rossi (Milano, 1931-97) è stato una figura atipica nel panorama architettonico italiano, parte di quella generazione di giovani progettisti che, all’indomani della Seconda Guerra Mondiale, erano animati da comuni intenti di ricostruzione. Formatosi tra riviste, viaggi e letture, come giovane architetto sente fortemente la necessità intellettuale di rinnovare la cultura architettonica del suo tempo. La riflessione sul rapporto tra città, società e architettura accompagna, di fatti, tutta la sua vita: i fenomeni urbani, in quanto organismi complessi in continua evoluzione, sono stati il principale campo della sua indagine, in Europa, nelle Americhe, in Asia. Speciale la fascinazione per il Giappone, che lo collega idealmente ad altri architetti del calibro di Carlo Scarpa, Walter Gropius, Bruno Taut o Frank Lloyd Wright. Anche grazie alla fama editoriale di cui ha goduto, al fatto che è stato tra i primi ad aver avuto uno studio professionale multisede – a Milano, New York e Tokyo – e all’insegnamento in diverse università estere di prestigio, tra cui per esempio l’EHT di Zurigo o numerosi atenei statunitensi, Aldo Rossi resta ancora oggi uno degli architetti italiani più riconosciuti all’estero.

Restituire l’ampiezza dello sguardo, la complessità del pensiero e della ricerca, la varietà dell’opera di Rossi dà vita a una mostra ricchissima di materiali con oltre 800 tra disegni (tra cui quello, di 2 metri per 2, della celebre Città Analoga, memorabile riflessione su una città immaginaria, sospesa fra memoria e desiderio), schizzi, appunti, lettere, fotografie, modelli, documenti compongono un mosaico ricchissimo della sua produzione, costruttiva, editoriale e teorica, in Italia e nel mondo. La mostra presenta un processo creativo fatto di percorsi paralleli ma complementari, ripercorrendo le tappe di una vicenda collettiva che ha portato l’architettura italiana, tra gli Anni Sessanta e Novanta del Novecento, a una riconoscibilità internazionale nel segno della città e della storia. Racconta il curatore Ferlenga di “un enorme, ‘disperatissimo’ lavoro prodotto negli anni per ridare dignità scientifica e nuovi strumenti all’architettura; fatto di scritti, disegni, progetti, opere e continuamente misurato sul passo delle
città. E sono le città le protagoniste di questa mostra su Aldo Rossi, osservate e confuse tra loro dalla sensibilità del poeta e dalla profondità dello studioso unite in una figura che ha attraversato in modo del tutto singolare il panorama architettonico internazionale”.

Ospitata nella Galleria 2 del museo, la mostra è pensata in due grandi sezioni. Raccontano l’una i progetti in Italia, l’altra quelli nel mondo. Tre i focus: il primo ripercorre gli anni della formazione a Milano; gli altri sono dedicati a due tra i progetti più iconici di Aldo Rossi, il Cimitero di San Cataldo a Modena (1971) e il Teatro del Mondo, una struttura galleggiante collocata davanti a Punta della Dogana, a Venezia, realizzata in occasione della prima Biennale Architettura, diretta da Paolo Portoghesi nel 1980. Articolata poi in numerose sottosezioni, l’esposizione dei lavori è organizzata secondo una spina centrale – 40 tavoli prodotti per l’occasione dal Gruppo Molteni – dove si susseguono altrettanti modelli che costituiscono l’asse su cui si appoggiano le principali sezioni della mostra, nella quale l’espediente narrativo geografico viene declinato in 94 luoghi: come un fil rouge che tiene tutto insieme. Diversi i motivi di questa scelta: il primo è che Aldo Rossi ha realizzato progetti in giro per il mondo, in Europa, Asia e America. Inoltre, il libro L’architettura delle città – edito nel 1966 per la collana Polis di Marsilio e originariamente richiesto come manuale di urbanistica – resta la sua opera teorica più famosa, tuttora tradotta e studiata. Il volume parte infatti dalla convinzione che per affrontare un tema complesso come le città serva una cultura adeguata e specifica e che i suoi presupposti possano essere trovati nell’indagine diretta e in altre discipline, purché si mantenga fermo il punto di vista dell’architettura. Completano l’allestimento, oltre che quinte e pareti ricchissime di elaborati grafici di grandi dimensioni, anche video e i Quaderni azzurri, diari con riflessioni, note, ricordi e disegni da cui sono tratte le citazioni che accompagnano tutto il percorso della mostra e arredi. Fra questi ultimi, la libreria Piroscafo, progettata nel 1991 per Molteni&C o le poltrone Parigi del 1989, prodotte da UniFor.

Gran parte del lavoro di Rossi è raccontato dai suoi schizzi che, come forse solo nel caso di Le Corbusier, si trasformano in Objects à réaction poétique, tanto da rendergli una propria fortuna sia in Italia che all’estero, cosa che non accade di frequente, specie quando le gallerie di New York hanno di fatto inserito i disegni di architettura nel mondo dell’arte contemporanea. Ma se Le Corbusier si avvicina alla pittura con uno stile vicino al cubismo, Rossi usa un modo espressivo del tutto inedito, dove pezzi di progetti assumono connotazioni da scena teatrale: si confondono, si intrecciano, cambiano scala e costruiscono dei luoghi immaginari, diventando un altro modo per ragionare sul tema della città analoga.

Parte importante del percorso espositivo è proprio il dialogo tra disegni, modelli e fotografie. Da sempre lo sguardo è stata una componente essenziale nella restituzione semantica del lavoro rossiano; le sue opere, dotate di particolare fotogenia, spesso sono state ritratte da grandi firme. Il caso più noto è quello che riguarda il rapporto con Luigi Ghirri – inaugurato a Modena, dove le immagini scattate per la rivista Lotus International con il cubo rosso che spicca su un manto bianco di neve sono divenute iconiche e poi estesosi a tutte le sue opere – ma anche con Gabriele Basilico, Giovanni Chiaromonte Ugo Mulas, Mario Carrieri, Stefano Topuntoli, Antonio Martinelli e Marco Introini, autori che hanno indagato i rapporti che legano le forme ricorrenti del lessico rossiano alle città e ai paesaggi cui appartengono.

In occasione della mostra, sarà pubblicato l’Inventario dell’Archivio Aldo Rossi nelle Collezioni del MAXXI Architettura, strumento di studio per i ricercatori e per il pubblico del museo, il quale ordina e descrive il ricco ed eterogeneo fondo composto da 1909 elaborati grafici, 1.895 fotografie, 11 modelli, 30 faldoni con documenti, corrispondenza e scritti che documentano l’attività professionale, artistica, didattica, scientifica e culturale del maestro. La mostra è inoltre accompagnata da un ricco palinsesto con incontri, dibattiti e film screening per raccontare al pubblico la straordinaria figura di Aldo Rossi, architetto, intellettuale, studioso e fine maestro di progettazione.

© Fabiana Cambiaso

alt tag fabiana cambiaso Architetto ed Ingegnere Civile

Lavori Pubblici, Pianificazione del Territorio, Riqualificazione Urbana e Ambientale

Dipartimento Sviluppo e Infrastrutture di Roma Capitale

Redazione ed editing fotografico a cura di Alessandro Lisci

Maxxi: Aldo Rossi. L’architetto e le città… recensione e foto di Fabiana Cambiaso ultima modifica: 2021-06-03T22:31:39+02:00 da Alessandro Lisci