LE OPERE DI TITTI FARANDA TRA CAPO D’ORLANDO E PASOLINI

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LE OPERE DI TITTI FARANDA TRA CAPO D’ORLANDO E PASOLINI

Il mese di ottobre ha portato a Roma le opere di una artista originale, di una figura poliedrica. Affermato avvocato, siciliana di Capo d’Orlando ma romana di adozione, Titti Faranda ha sorpreso i visitatori del teatro Palladium con la personale “Fil rouge”. Una produzione esclusiva di opere fatte di oggetti e materiali di uso quotidiano in grado di assumere forme uniche e inaspettate. L’esposizione personale della Faranda ha accompagnata una rassegna dedicata a Pier Paolo Pasolini in un percorso di istallazioni e “provocazioni” visive che rimandano immediatamente alle problematiche della modernità. Manichini e fili di plastica, lampadine e palle di polistirolo, camice e scale a pioli vengono intrecciati in composizioni che conferiscono agli oggetti inanimati nuova vita in un contesto inimmaginabile. Un gommone appeso a una parete con lunghe scie di vernice e braccia di fantocci attaccate racconta più di mille parole il dramma dell’immigrazione clandestina e le migliaia di morti che sono finite nelle acque di quello che fu il Mare Nostrum.

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Inserite nel filone dell’arte del riciclo, le opere di materiali dell’artista prestata al diritto rimandano ai problemi drammatici del nostro tempo e -prima di tutto- alla distruzione del pianeta. In questo c’è il filo ideale che lega la Faranda al poeta celebrato nella rassegna e di cui ricorre il centenario della nascita: la critica del consumismo. Oggi, come mai in passato, si avverte l’esigenza di invertire la rotta, si capisce che le risorse naturali non sono inesauribili, che aria, terra e acqua sono seriamente messi a rischio. Riecheggia nelle istallazioni il monito pasoliniano di una vita che non può essere la rincorsa di modelli imposti dall’alto che spingono gli uomini a inseguire beni effimeri e a consumare merci e prodotti.

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Le opere della Faranda, fatte di oggetti che potrebbero provenire da una qualsiasi discarica, sono un colpo rivolto alle coscienze -spesso addormentate- di chi pensa che il consumo sfrenato di merci come di risorse naturali porti al benessere e alla felicità. Le istallazioni interrogano lo spettatore e rimandano a incubi che la guerra in Europa ha reso ancor più drammatici e terribilmente vicini a noi.

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Passeggiare tra le opere di Titti Franda richiama alla mente una corsa verso il disastro ambientale, fa avvertire un senso di profonda inquietudine, rievoca domande coperte da un oblio corresponsabile, incita a fare di più. Quello che arriva non è rassegnazione o disperazione, semmai uno stimolo a reagire, a cambiare le nostre abitudini, a iniziare una rivoluzione interiore che è l’unica vera rivoluzione oggi possibile. C’è disincanto sì, ma mai perdita di speranza. Su quel gommone appeso a una parete del teatro Palladium non ci sono solo i disperati che fuggono dalla fame e dalla miseria, ci siamo, inesorabilmente, tutti noi. Ma, forse, siamo ancora in tempo per decidere dove dirigere il timone.

Pino Nazio

LE OPERE DI TITTI FARANDA TRA CAPO D’ORLANDO E PASOLINI ultima modifica: 2022-10-20T12:26:18+02:00 da admin