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PANTA REI
Giovedì 9 maggio dalle 18.00 alle 21.00
Via di Monserrato 40 | Roma
Saraceno Art Gallery
A cura di Marilena Saraceno
Testo critico di Beatrice Conte
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‘Se la gente vuole esperienze sacre, le troverà; se vuole delle esperienze profane, troverà anche quelle’ (Mark Rothko).
La presenza di Lou Duca e di Greta Grillo all’interno della mostra Panta rei per certi versi sembra una provocazione: ad un primo sguardo le metriche e le cifre stilistiche dei due artisti diametralmente opposte sembrano non avere alcun punto di contatto anzi la manifesta diversità diviene mezzo per potenziare ora le opere dell’uno ora quelle dell’altra; uno sguardo più attento non potrà non notare però la personale interpretazione che i due artisti hanno dato della materia, dello scorrere del tempo, della declinazione dell’ arte e del bello, tematiche queste che diventano così punto di unione tra i due.
Lou Duca, con il set di opere scelte per questa mostra, omaggia il mondo classico e l’idea del bello da questo proposta; partendo da calchi di statue romane antiche ne costruisce una riproduzione fedele in cera che viene poi aggredita con una fonte di calore e sciogliendosi ne cancella parte della originaria bellezza e perfezione evidenziando quella componente di caducità a cui nessuno può sottrarsi. E risulta singolare che la cera, il cui utilizzo è di solito prodromico per la realizzazione di un’opera, diventi il punto di arrivo della ricerca dell’artista: le colature sui volti o sui corpi ad enfatizzare le fragilità dell’uomo e della bellezza.
Greta Grillo ci propone una pittura astratta dove è la stessa pittura protagonista del suo divenire e l’artista diventa l’abilitatore del processo che porta alla nascita dell’opera riversando su quadrati di tela bianca plastificata, precedentemente messa in trazione con dei chiodi, barattoli di vernice industriale utilizzata per coprire elementi di arredo esterni. L’aggressività dello smalto da carrozzeria sulla tela di plastica innesca una reazione di fusione chimica che imprime un movimento al flusso del liquido, sarà il tempo a far si che la vernice si asciughi in modo del tutto imprevedibile raggrinzando la plastica sottostante e segnandola con bolle, sacche ed increspature, solo in parte facilitate dall’artista. E’ come se ogni opera, unica, si autoproducesse.
Sacro e profano ma cosa è sacro e cosa profano?
Panta rei, con le opere proposte, suggerisce che sì tutto scorre ma all’interno di un cerchio che è la costante e personale ricerca del bello, variamente declinato, e la vittoria del pensiero sulla materia e dell’uomo sul tempo.
Biografia Lou Duca
Lou Duca nasce a Milazzo, in provincia di Messina, nel 1983. Da sempre appassionato di arti applicate, consegue la maturità in Oreficeria presso l’Istituto d’Arte della sua città e si trasferisce a Roma per frequentare l’Accademia di Belle Arti e laurearsi in Pittura. Nella capitale, dove attualmente vive, inizia a lavorare in ambito scenografico, realizzando allestimenti per i più importanti teatri di musica lirica del mondo acquisendo quelle competenze tecniche che lo porteranno a costruire, negli anni successivi, la propria visione artistica.
Il background acquisito porta l’artista a connotarsi per la proposta di una cifra stilistica declinata in tecniche molto diverse tra loro quali la scultura, il décollage e la video-installazione dove il rimando a testi, opere e architetture di matrice classica è costante.
Biografia Greta Grillo
Greta Grillo è nata a Cantù (CO) il 10 Maggio 1989.Dopo gli studi al Liceo Artistico Niccolò Barabino di Genova, continua la sua formazione all’Accademia Ligustica di Belle Arti.
Sviluppa un forte interesse verso l’Arte Contemporanea e dopo una breve parentesi sperimentale di pittura informale la sua scelta è in direzione di una modalità di dipingere di ordine astratto, antillusionista, monocromo.
La sua ricerca personale e l’amicizia con l’artista Enzo Cacciola, la portano ad avvicinarsi alla Pittura Analitica fino a delineare la propria identità artistica. Condividendo gli aspetti della ritualità della pittura d’azione, dell’uniformità della monocromia dei pittori analitici, Greta Grillo tende a ricercare modalità del fare pittura che riflettano la sua temperie cognitiva ed emotiva, la sua attrazione per la materia cromatica fluida. Per l’artista la materia diventa attrice protagonista, parte fondamentale, se non addirittura motrice di tutto il procedimento.
9 maggio – 8 giugno 2023
dal martedì al venerdì 15.30 – 19.30
sabato 11.00 – 13.30 | 15.30 – 19.30
Testo critico a cura di Beatrice Conte
DICOTOMIA DI UNA INDAGINE “ESTETICA”
Mi accade non di rado di osservare nell’intimo e disorientante ardimento umano, e scorgervi una illusoria concretezza che, come acqua sulla pietra, ne liscivia la forma sicché paia eterna. Il tempo offre una imperitura rilettura di ogni evento, ogni superficie, ogni luce che qualifica l’effettiva esistenza del Presente, un’aporia cui diamo significato attraverso i nostri soli sensi, e perché il tempo ce lo concede. Nel riconoscerci mutevoli, benché ingannevolmente immobili come proprio la muta pietra, quando non viene lambita dalle acque, appanniamo la nostra fuggevole esistenza. Così, l’opera indagata negli spazi della Saraceno Art Gallery, riflette l’irrinunciabile giudizio umano che ben si guarda dalla fragilità del tempo, invitando lo spettatore a discernere il mero sguardo retinico dall’intima natura dell’esperienza.
Lou Duca e Greta Grillo, seppur apparentemente proseliti, l’uno nella plasticità, l’altra nella pittura, trovano nella mutevolezza delle cose un nuovo ordine di bellezza. Sommando l’organicità di un orizzonte scultoreo alla coralità degli elementi materici, il confine narrativo sfuma e le opere ci parlano insieme. Il tracciato è lucido, puro e pregevolmente grezzo, sì da tratteggiare brillantemente l’incontro delle loro diverse espressioni artistiche. La mostra, un polittico moderno che impone nel contemporaneo il suo carattere informale, sottende un epicentro stilistico comune e disegna un’unica linea di condotta visiva.
Quattro nuclei pittorici abitano le diametrali pareti della galleria come punti luce. L’opera di Greta Grillo intavola un dialogo tra le parti ove materia e tempo si contendono la trama di una pittura fertile, che rinuncia alla disciplina del pennello in favore di un’opera di accadimento, ritmicamente amorfa e partiturale. Il suo è un lavoro di improvvisazione che trova nel segno la virtù della sua irripetibilità. Si tratta di una tela plastificata, tesa alle sue estremità, sulla quale l’autrice riversa della vernice direttamente dal barattolo. Sospinto dalla forza gravitazionale, il colore cede, sollecito e cortese, alla lirica del tempo, provocando imprimiture simili a increspature d’acqua, spazi di ossigenazione materica che compongono una superficie viva, spasmodica nel solco e fluida nella forma. Il risultato è un’opera a tutto campo, in cui non si individua né un centro né una sua estensione, dove il linguaggio pittorico concede al gesto e all’attesa l’espressione diretta dell’esperienza artistica. Greta Grillo crea così uno spazio elastico in cui condurre l’opera attraverso un componimento estemporaneo, gestazione artistica nutrita dall’ambizione della scoperta.
É una storia contratta in un insieme cristallizzato nei toni brillanti del rosso, del blu, del nero, incastonati nel grigio antracite del telaio che coincide con l’elemento connettivo delle due proposte installative. Invero, le icone plastiche di Lou Duca recuperano la cinerea cornice delle pitture di Grillo con la complicità dei supporti vuoti su cui poggiano. L’artista si confronta con il passato e sintetizza una realtà in movimento, attingendo al repertorio figurativo ellenico con la audacia di disincantare la falsariga (neo)classica per un nuovo resiliente stato di bellezza. Caduche e apparentemente svilenti, le “divinità cadenti” di Duca ci raccontano qualcosa di ben più intimo, più profondo, endemico della natura umana. Io stessa confliggo di frequente con l’esasperata ricerca del manchevole ritratto d’umana perfezione, che ritengo trascurare una sua forma transitoria, nonché una sua gerarchia emozionale. Lou Duca riconosce in queste qualità frangibili la vera entità del “bello”, come atavico, contemplativo, fuggevole.
Una dea cerea emerge dalla parete di fondo della galleria. Il volto deforme, deciduo e lattiginoso. Sotto di lei, un piccolo specchio di sé appassisce lontano da chi solo la guarda negli occhi, mentre accanto a lei cristallizza un momento del suo essere stata o di quel che sarà. Nello sguardo, una serena cupidigia ci invita a una disamina umana controtendenza, che ci lasci scorgere quegli strati di civiltà abbrutiti dal tempo e dalla sua veemenza. L’artista opera per (s)componimenti materici che irretiscono l’aspetto sì finito e lo riportano ad un essenziale umano riconoscibile. «La verità è nel fondo di un pozzo. Lei guarda in un pozzo e vede il sole o la luna; ma se si butta giù non c’è più né sole né luna, c’è la verità»[1]. Questa strana realtà che da sola si erige puntuta di su la cima di una montagna. Difficile da decostruire, fornisce un’immagine durevole ma imperfetta.
Questa mostra dal titolo così evocativo ravvede la natura viscosa di una verità scarsamente soggiogata all’immaginazione, o l’inscindibile scorrevolezza delle idee asservite all’intelletto. Magmatica nel colore, liquida nella forma, l’esposizione raccoglie la polvere e l’esperienza dell’artista per suggerire nuovi e possibili tracciati percorribili.
Beatrice Conte (1994, Roma) è conservatrice dei beni culturali, specializzata in manufatti di epoca etrusca, junior exhibition curator e autrice.