Libere di sapere-Il diritto delle donne all’istruzione- il libro di Alessia Lirosi.
Alessia Lirosi è una giornalista professionista, laureata in Scienze Politiche e in Storia, ha conseguito un Master in “Tutela Internazionale dei Diritti Umani” alla Sapienza e nel 2011 il Dottorato di ricerca in “Società, politiche e culture dal tardo medioevo all’età contemporanea”, oltre ad aver lavorato per 5 anni come giornalista nella Direzione Comunicazione e Attività Culturali dell’UNICEF Italia. Ha scritto 2 monografie che hanno entrambe ricevuto un Premio ed un romanzo giallo “Il gatto che sapeva troppo”, anch’esso vincitore di un premio. Abbiamo incontrato Alessia Lirosi per parlare del suo libro Libere di sapere – il diritto delle donne all’istruzione dal Cinquecento al mondo contemporaneo – nel quale ripercorre la storia e le lotte delle donne per il diritto all’istruzione, un diritto che oggi sembra scontato nei Paesi Occidentali sebbene sia molto recente ma è ancora un obiettivo da conquistare in diversi Paesi del mondo.
Come nasce l’idea del libro? “In passato ho lavorato diversi anni all’Unicef, il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia, e ho visto molti casi e storie di bambini che non potevano andare a scuola, soprattutto bambine; ciò non soltanto a causa delle difficili condizioni economiche delle loro famiglie, ma pure per i pregiudizi di genere nei loro confronti e nei confronti delle loro capacità intellettuali o perché destinate a diventare mogli e madri appena superata la pubertà. Per me invece andare a scuola era sempre stato scontato, un diritto assodato. Successivamente ho svolto attività di ricerca all’Università e mi sono occupata di questioni relative alla storia delle donne, constatando che il pregiudizio nei confronti delle capacità intellettuali femminili ha radici antichissime anche nel nostro paese. Inoltre, sono rimasta molto colpita dalla vicenda della giovane pakistana Malala Yousafzai. Quello è stato lo stimolo definitivo a mettermi davanti alla pagina bianca e iniziare a scrivere.
Cosa rappresenta per le donne la storia di Malala Yousafzai? “Malala è certamente un simbolo importante. Quando viveva ancora in Pakistan, attraverso un blog si batteva per promuovere il diritto all’istruzione femminile e per far conoscere al mondo il regime di terrore instaurato dagli integralisti islamici che occupavano militarmente il suo paese. Così un giorno – aveva 15 anni – un uomo le sparò alla testa mentre si trovava sull’autobus che la riportava da scuola a casa. Soccorsa e sopravvissuta, Malala oggi vive in Inghilterra dove prosegue i suoi studi e le sue battaglie. Per questo motivo, nel 2014, all’età di soli 17 anni, è stata insignita del Premio Nobel per la pace”.
In che modo la storia delle lotte delle donne per l’istruzione può aiutarci nel presente? “Prima di tutto può spronarci a continuare ad impegnarci affinché questo diritto sia garantito nei paesi in cui ancora non lo è. Poi può aiutarci a far sì che anche gli altri diritti siano sempre più rispettati e tutelati. Non è un caso che il diritto all’istruzione sia stato definito un “empowerment right”. Ciò significa che, quando è garantito, permette di esercitare meglio anche altri diritti perché aumenta anche la fiducia in sé stessi, il rispetto per gli altri, e la capacità critica di analizzare il mondo. In altre parole: se io sono istruita riesco ad esercitare con più consapevolezza anche il diritto di voto, il diritto alla salute, il diritto all’autodeterminazione, ecc. Quindi essere istruito/a mi rende più cosciente del fatto che sono titolare di tanti altri diritti e che posso esercitarli e chiederne il rispetto”.
Quali lotte le donne devono ancora affrontare per arrivare alla parità di genere? “Tante e variegate, a seconda dei diversi paesi che prendiamo in considerazione. In Italia abbiamo ormai raggiunto la parità di genere nell’istruzione, e anzi i dati ci dicono che oggi si laureano più ragazze che ragazzi. Il problema da noi è ora quello della presenza femminile nel mondo del lavoro e della disparità nelle retribuzioni e nelle possibilità di carriera tra uomini e donne, soprattutto ai livelli più alti. Questo fenomeno è stato definito “soffitto di cristallo”. In altre parole, ad un certo punto della loro carriera le donne incontrano una sorta di barriera invisibile che non permette loro di affermarsi nel lavoro alla pari dei colleghi maschi. Si tratta di una barriera fatta di pregiudizi, discriminazione, mancato accesso a determinate occasioni, a volte anche poca sicurezza nelle proprie capacità oppure difficoltà di conciliare famiglia e professione”.
Francesca Bonanni