Si può essere contemporaneamente nemici, ed amarsi? Nel rompicapo della Storia, sì, può succedere. Se il padre di una famiglia della piccola borghesia romana degli anni Trenta del secolo scorso è fascista convintissimo e suo figlio invece ha fatto, la scelta opposta e dunque è antifascista, ecco che in quell’anonimo nucleo familiare ci si ama e al tempo stesso ci si odia. È la scelta opposta di padre e figlio a mettere le cose in questo modo.
“La scelta” è appunto il titolo dell’ultimo romanzo di Walter Veltroni (Rizzoli), un getto di luce su quel terribile momento – siamo nei giorni cruciali del luglio 1943, i giorni del bombardamento di San Lorenzo e della caduta del 25 luglio, quei momenti che cambiano la Storia – e sui volti tragici dei protagonisti: il padre, il figlio, la madre, la figlia.
«La guerra ha cancellato tutto quello che vivevamo in allegria: i picnic con i panini al Parco della Rimembranza, le festicciole con i compagni di classe, le gite fuori porta, la cena con i tavoli sul marciapiede da sor Alfredo che cucina una pasta alla carbonara che ci rendeva allegri, tutti e quattro», dice il figlio: e leggendo il romanzo in questi giorni la testa va a Kiev, a Mariupol, a questi nomi che abbiamo tutti imparato, passano i decenni ma la guerra è sempre uguale alla guerra. Eppure, bisogna capire, oltre che scegliere.
Come ha detto il cardinale di Bologna Matteo Zuppi alla presentazione a Roma del romanzo, dopo aver scelto da che parte stare, e non v’è dubbio su quale fosse allora la parte giusta, è necessario capire cosa c’è dietro la scelta opposta, se non altro per impedire che faccia ritorno.
Il romanzo di Veltroni dunque, nella sua forza emotiva, è anche un grande appello morale e non banale, anche e soprattutto nei momenti gravi, gravissimi, a cercare di capire come sia stato possibile odiarsi amandosi, all’ombra delle bombe, in un tempo che ci sembra così vicino.