Comunicare in emergenza

Uno spunto di riflessione sull'argomento della comunicazione in situazioni di emergenza, tra paura e fake-news. Una lettura utile per riflettere sugli effetti che ha la comunicazione istituzionale ed interpersonale sulle paure e sui timori che si generano da eventi critici.

Massimiliano Mascitelli, medico psichiatra, ha  voluto in questo script che segue, approfondire una tematica di estrema attualità, l’argomento della comunicazione in casi di emergenza. ” Generalmente, nella vita quotidiana, ogni persona può essere esposta a rischi, naturalmente diversi in ragione dello stile di vita condotto, dei propri comportamenti e dello status sociale occupato. Si corrono rischi sul lavoro, in strada, in casa, in luoghi pubblici e/o istituzionali, nelle occasioni ricreative e ludiche.
Nel corso del tempo il concetto e la percezione del rischio hanno subito un notevole cambiamento, in virtù degli eventi di cronaca e delle mutazioni degli stili di vita e della socialità di ognuno di noi. Con il modernismo l’azione umana inizia ad avere un ruolo più rilevante rispetto alla componente naturale, ed il termine “rischio” tende a sostituire quello di fato, fortuna, sorte, caso.
Il rischio oggi racchiude e rappresenta emozioni come la paura, le sensazioni di incertezza, l’ansia, il timore. Ovviamente non bisogna escludere all’interno di questo quadro l’importanza della valenza soggettiva del rischio e del pericolo, cioè la “percezione” individuale, per la quale ognuno esprime paura, timore, ansia in relazione a ciò che soggettivamente percepisce come preoccupante, minaccioso e/o sgradevole, anche in maniera del tutto difforme da molti altri.
In una situazione pericolosa, o potenzialmente tale, è di cruciale importanza la modalità utilizzata per la comunicazione del rischio stesso alle persone coinvolte o che potrebbero esserlo.
La “comunicazione del rischio” è un processo relazionale dinamico e comprende sia la valutazione dell’esistenza di un rischio che la sua gestione. Significa occuparsi di problematiche che hanno a che fare con la salute e la sicurezza (nella doppia accezione di safety e security) delle persone e dell’ambiente circostante, e con le conoscenze, gli atteggiamenti ed i comportamenti. Spesso si tratta di temi controversi, rispetto ai quali i fatti e le conoscenze scientifiche sono incerte, contrastanti o comunque insufficienti a sedare timori e paure “irrazionali”; a volte si tratta di questioni che chiamano in causa lo stile di vita ed inducono resistenze al cambiamento, altre volte si tratta invece di situazioni che esplodono improvvisamente richiedendo l’adozione tempestiva e diffusa di specifiche misure precauzionali.
In quest’ottica è quindi una componente essenziale dei programmi di valutazione e gestione della sicurezza ed ha lo scopo di:
– garantire il diritto all’informazione rispetto ai rischi ai quali la popolazione può incorrere in un dato contesto ed in dato momento, migliorandone la conoscenza e la comprensione (consapevolezza);
– illustrare adeguatamente i comportamenti da adottare nelle situazioni rischiose e/o pericolose, al fine di diminuire l’ansia e la preoccupazione ad esse correlate, e per poter assumere misure auto- ed etero-protettive appropriate;
– ridurre i rischi derivanti da un comportamento errato e/o incongruo, adottando norme e misure comportamentali corrette, sia nello stile di vita quotidiano, in ottica di prevenzione e cautela, sia nell’organizzazione socio-economica collettiva, soprattutto nei momenti dell’emergenza in atto;
– favorire ed incrementare la volontà e la capacità di collaborare con il sistema di gestione e dei soccorsi;
– costruire e mantenere un valido rapporto di fiducia tra sistema esperto (responsabili di importanti valutazione e discendenti decisioni in merito alla gestione dei rischi), sistema che interviene attivamente nelle emergenze e popolazione interessata o colpita.
Sulla base di tali obiettivi il processo comunicativo, e non la semplice comunicazione, si configura non già come un semplice trasferimento di informazioni ma come l’abilità di attuazione di una relazione psicosociale nell’ambito del contesto in cui si vive e si opera basta su conoscenza (consapevolezza), fiducia ed empatia, risorse che consentono di affrontare con efficacia ed efficienza i momenti di difficoltà e di conflitto insiti in ogni piano d’intervento emergenziale.
Per tutti questi motivi l’abilità comunicativa va gestita con cura, appresa, curata e mantenuta nel tempo da parte di tutti i soggetti sociali coinvolti, dagli amministratori centrali e periferici, ai media, ai soccorritori, ai gruppi di supporto e sostegno sociale, sia nella fase che precede l’emergenza che nella fase in cui l’emergenza è in atto, per evitare che la comunicazione diventi essa stessa un rischio che ne possa amplificare gli effetti negativi.

Appare quindi, più che evidente, come la comunicazione in situazioni emergenziali e di crisi vada preparata prima dell’evento, mediante una prefigurazione di scenari ipotetici (peraltro al giorno d’oggi ben prevedibili in termini di conoscenza generale) ed identificando una rete di competenze ed attribuzioni perfettamente strutturata e solida.

Questo aspetto risulta determinante perché quando scoppia l’emergenza non si può perdere tempo: le cose accadono molto velocemente, complici anche i socialnetwork che rilanciano le notizie (non sempre veritiere) a velocità vertiginose, e si deve intervenire rapidamente e sotto forti pressioni. Soprattutto nella fase iniziale, il livello di incertezza sul rischio e sulle sue conseguenze è elevato, le informazioni e le impressioni sono tante e a volte contraddittorie, quando non palesemente false, la componente emotiva è prevalente, c’è tensione, paura, ostilità, scetticismo, rabbia, e l’attenzione da parte dei diversi stakeholder (politici, media, popolazione) è elevata.

I comportamenti osservati in caso di emergenza mostrano che le persone non seguono subito ed alla cieca ciò che viene loro detto di fare: difficilmente al primo messaggio seguirà immediatamente un’azione di autoprotezione, ma è più probabile una ricerca di altre informazioni. Le istruzioni per il comportamento, d’altra parte, non avranno nessun peso se ad esse non è associato un motivo sensato. Al contrario, se le informazioni ufficiali non risultano essere ben giustificate, alla mancanza di senso il pubblico risponderà con la ricerca di notizie presso altre fonti, non necessariamente più qualificate ed anzi, spesso, identificate nei socialnetwork con l’intento più o meno consapevole di trovare risposte in linea con propri valori, aspettative o credenze.
Questo atteggiamento, che rientra in quella che successivamente definiremo come dissonanza cognitiva, espone pericolosamente agli effetti di fake-news e di manipolazioni comunicative elaborate artatamente per creare sensazionalismo e drammatizzazione. Quindi la completezza dell’informazione è necessaria perché le persone, se a conoscenza adeguata del pericolo, potranno comprendere meglio la logica delle azioni di protezione e di imposizione di norme e regole, anche quando vadano a limitare fortemente la libertà personale.
L’obiettivo generale della comunicazione efficace in una situazione di emergenza è quindi aiutare le persone a saper gestire consapevolmente l’inevitabile preoccupazione che ne deriva evitando che questa si trasformi in paura incontrollata tipo panico, con conseguente accentuazione della percezione del rischio e del pericolo, o in un atteggiamento di completa noncuranza o addirittura di negazione arrivando finanche a sostenere ipotesi complottistiche dalle quali difendersi strenuamente (meccanismo di difesa disfunzionale).
Quindi, in questo senso, la gestione efficace di una buona comunicazione fa si che la preoccupazione venga orientata verso una appropriata vigilanza, un apprendimento attento, ed una risposta costruttiva.
In termini generali, in situazioni emergenziali è opportuno mantenere costantemente viva la comunicazione e ricordare di:
• informare in modo trasparente, tempestivo, chiaro, omogeneo secondo le evidenze disponibili al momento (comunicazione in itinere), dichiarando esplicitamente ciò che si sa e che si sta facendo, ciò che ancora non si sa e ciò che si ha intenzione di fare, evitando quindi accentuazioni o sottostime della portata della situazione;
• informare in maniera coerente: il contenuto del messaggio e la sua modalità espositiva devono essere necessariamente adeguati alla reale portata della situazione attuale e prevedibilmente futura al fine di evitare la pericolosa e disfunzionale insorgenza della dissonanza cognitiva, per la quale l’individuo sperimenta una situazione di tensione o disagio che insorge quando è esposto ad informazioni e percezioni opposte e incompatibili o quando le proprie credenze non corrispondono a quello che si è costretti a fare. In queste condizioni l’individuo esposto cerca di eliminare o di evitare la sensazione di tensione o disagio e le informazioni che possono alimentarla, generando autonomamente e non sempre in maniera corretta nuove credenze e convinzioni, ed attuando cambiamenti di comportamento o atteggiamento con l’inconscia convinzione che siano corretti;
• informare in modo continuo o almeno molto frequente perchè il silenzio del vuoto comunicativo sarà sempre e comunque colmato da qualcun altro, in particolare dai media, che hanno la capacità di influenzare, a volte anche artatamente ed ai limiti della manipolazione, in modo determinante la percezione individuale e collettiva, sia dal punto di vista cognitivo che, ancor più, da quello emotivo;
• prevedere l’accettabilità del messaggio da parte del destinatario, avendo cura di rispondere alle preoccupazioni degli interessati e non alle proprie. Questo concetto è cruciale nella preparazione dei contenuti comunicativi perché bisogna saper identificare la modalità giusta per un contesto preciso di riferimento che, in quel dato momento, vive una situazione di comprensione distorta dall’attivazione emotiva in funzione dei suoi bisogni, dei suoi obiettivi, delle risorse, degli interessi e delle funzioni, dei vincoli e delle argomentazioni che lo possono interessare. L’obiettivo deve essere quindi quello di ridurre al minimo il numero di coloro che percepiranno in modo inatteso il messaggio e che, conseguentemente, potrebbero porre in essere azioni protettive e preventive inadeguate.”

Dott.  Massimiliano Mascitelli , medico specialista in psichiatria, terapeuta EMDR con esperienza clinica e formativa specifica nella psicologia dell’emergenza-urgenza.

Comunicare in emergenza ultima modifica: 2020-03-14T21:23:04+01:00 da Federica Pansadoro